uscio
[ù-scio]
s.m. (pl. -sci)
1 Porta, spec. modesta, non grande: l'u. di casa, della bottega; accostare, chiudere, sprangare l'u.; aprire l'u.; u. di legno; u. a uno, a due battenti
‖ tosc. Porta interna di un edificio: l'u. della camera, della cucina
‖ A uscio a uscio, vicinissimi: abitiamo a u. a u.
‖ Farsi sull'uscio, affacciarsi sulla soglia
‖ Mettere qualcuno all'uscio, fuori dell'uscio, scacciarlo di casa
‖ Prendere, infilare l'uscio, andarsene alla svelta o di nascosto; svignarsela
‖ Quello è l'uscio!, si usa per intimare a qualcuno di uscire: se continui con le tue lamentele quello è l'u.
‖ Tirarsi dietro l'uscio, chiuderlo, dopo che si è usciti
‖ Uscio a libro, che ha le bande, snodate, che si ripiegano l'una sull'altra
‖ fig. A uscio e bottega, molto vicino: io e lui abitiamo proprio a u. e bottega
| Avere il malanno e l'uscio addosso, avere una serie di disavventure; avere il danno e le beffe
| Essere secco come un uscio, essere molto magro
| Il peggio passo è quello dell'uscio, il momento più difficile è quello del distacco; il momento peggiore è quando si deve prendere una decisione
| Non fermarsi al primo uscio, non accontentarsi della prima soluzione che capita o della prima persona che s'incontra
| Non trovare l'uscio per andarsene, rimanere confusi, senza sapere che dire o che fare
| Non trovarsene a ogni uscio, di cosa non comune, rara, difficile da ottenere; di persona dotata di particolari qualità o capacità: di medici come lui non se ne trova a ogni u.
| Spazzare il proprio uscio, farsi i fatti propri
| Tra l'uscio e il muro, in una situazione difficile, alle strette
2 fig., poet. Varco, passaggio: l'u. della fede Cavalca
‖ dim. uscìno; uscétto; uscettìno; → usciòlo
| pegg. usciàccio